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Previdenza: minimali e massimali contributivi per il 2017

lentepubblica.it • 31 Gennaio 2017

previdenza massimali minimali contributiviFissati dall’Inps i minimi e massimali che consentono l’accredito della contribuzione per i lavoratori dipendenti sia del settore pubblico che privato nel 2017.

 


Con la circolare Inps 19/2017 l’istituto di previdenza ha aggiornato infatti i minimi e i massimali che riguardano tutte le tipologie di contribuzione in materia di previdenza e assistenza sociale per la generalità dei lavoratori dipendenti. Per calcolare gli importi validi nel 2017 l’Inps ha applicato il tasso di rivalutazione dello 0,0% rilevato a novembre 2016 con la conseguenza che i valori sono rimasti praticamente gli stessi dello scorso anno.

 

 

Minimale. Il D.L. 338/89 prevede che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore alle retribuzioni stabilite da leggi e da contratti collettivi o individuali (in quest’ultimo caso solo se ne deriva una retribuzione superiore a quella prevista dal contratto collettivo). Questa norma però non sopprime i preesistenti minimali di retribuzione giornaliera, pertanto il reddito da lavoro dipendente da assoggettare a contribuzione deve essere aumentato, se inferiore, sino a raggiungere la retribuzione minima contrattuale ed i minimali giornalieri pari al 9,5% della pensione minima in vigore. Dal 2017, quindi, il minimale giornaliero da assoggettare a contributi risulta fissato a 47,68 euro, pari al 9,5% di 501,89 euro, minimo di pensione di gennaio 2017. Lo stipendio minimo contributivo mensile (minimale giornaliero per 26) resta pertanto ancorato a 1.240 euro. 

 

Dal 1° gennaio 2007 questi minimali si applicano anche ai dipendenti ed ai soci-lavoratori delle cooperative di cui al D.P.R. 602/70 (es. facchinaggio, tassisti), che prima erano esclusi. Non sussiste l’obbligo di osservare il minimale di retribuzione in caso di erogazione da parte del datore di lavoro di trattamenti integrativi di prestazioni mutualistiche.

 

Minimale part-time. Le attuali disposizioni (sempre la citata legge n. 389/1989) prevedono che la retribuzione minima oraria da assumere quale base in caso di part-time, debba determinarsi rapportando alle giornate di lavoro settimanale a orario normale il minimo giornaliero, e dividendo l’importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale stabilito dal contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno.

 

Il procedimento di calcolo del minimale orario si articola nelle seguenti operazioni: a) si moltiplica il minimale giornaliero, ossia 47,68 euro per il numero delle giornate di lavoro settimanale a orario normale. L’anzidetto numero, in considerazione delle disposizioni e dei criteri vigenti in materia di minimali giornalieri, è in linea generale pari a 6, anche nei casi in cui l’orario di lavoro sia distribuito in 5 giorni; si divide il prodotto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno. Applicando tale criterio, considerando un orario settimanale contrattuale di 40 ore, il minimale orario part-time per il 2017 risulta pari a 7,15 euro (47,68 x 6: 40).

 

Limite di accredito della contribuzione. Il limite di retribuzione per l’accredito completo dei contributi obbligatori e figurativi settimanali è fissato nella misura del 40% del trattamento minimo di pensione in vigore al 1° gennaio dell’anno di riferimento. E pertanto nel 2017 è pari a 200,76 euro a settimana per un totale di 10.440 euro l’anno.  Questo minimale, che si aggiunge a quelli indicati ai due punti precedenti, si applica per tutti i lavoratori, in particolare per quelli a tempo parziale e comporta, in caso di retribuzioni inferiori ai limiti, che l’INPS accrediti un numero di contributi settimanali in modo proporzionale.

 

Ad esempio un lavoratore a tempo parziale con un reddito imponibile annuo nel 2017 di 9.000,00 euro, otterrà l’accredito di 45 contributi settimanali (9.000,00 /200,76=44,82), e non di 52 settimane con una perdita di 7 contributi settimanali. E’ necessario prestare attenzione all’applicazione di questa norma anche in caso di contribuzione figurativa (es. cassa integrazione, maternità, malattia, mobilità, naspi) particolarmente ridotta.

 

Fonte: Pensioni Oggi (www.pensionioggi.it) - articolo di Bruno Franzoni
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